Pubblicato in: valutazione dei rischi

Quando valutare i rischi esogeni?

L’ex amministratore della società che gestiva l’Hotel Rigopiano, è indagato per omicidio colposo, lesioni colpose e crollo colposo,  così come due suoi consulenti che non considerarono il rischio valanghe nel documento di valutazione dei rischi.

Pur senza entrare nel merito della specifica vicenda, la circostanza mi spinge a riflettere ancora una volta su dove si spinga il confine del rischio lavorativo, cioè quello soggetto a valutazione ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008.

In breve: una valanga, un terremoto, un’alluvione, un attacco alieno, un attentato terroristico, uno tsunami, un incidente chimico in uno stabilimento vicino, l’inquinamento ambientale, una rapina e roba simile, devono o no essere ricompresi nella valutazione dei rischi?

La risposta è, a mio avviso, «dipende».

Questi di cui sto parlando sono essenzialmente rischi che nascono all’esterno del luogo di lavoro, ma la cui manifestazione può tuttavia avere conseguenze per la salute o la sicurezza dei lavoratori.

Fin dove deve spingersi l’indagine epistemica del datore di lavoro?

Il confine è, secondo me, netto. Molto.

Volerlo superare o non volersi spingere fino ad esso conduce, nel primo caso, ad indebite assegnazioni di responsabilità mentre, nel secondo caso, ad assunzioni di responsabilità rilevanti.

Il gessetto che traccia la linea di demarcazione non è la considerazione se l’evento o le sue conseguenze possano o meno essere impedite dal datore di lavoro. Poi ci arriviamo: il potere di impedimento è rilevante fino ad un certo punto.

La questione è se la manifestazione dell’evento possa ritenersi più probabile trovandosi sul luogo di lavoro e/o il danno conseguente possa essere aggravato dallo svolgimento dell’attività lavorativa.

Rimanere vittime di un’azione terroristica è un rischio lavorativo solo per chi opera in specifici ambiti o presso obiettivi sensibili, poiché aumenta le probabilità di incontro col rischio. Ma lavorare nel centro di una grande città non aumenta significativamente l’esposizione al rischio, più di quanto la incrementi viverci. In questo caso, il lavoratore è indistinguibile dalla persona comune.

Se c’è una pandemia, quello non è un rischio lavorativo perché ti rechi in ufficio. Lavorare in zone geografiche a specifico rischio di pandemia è un rischio lavorativo. Lavorare in strutture sanitarie durante una pandemia è un rischio lavorativo.

Sulla questione delle rapine ci arrivate da soli… Laddove sono un rischio lavorativo,  entrano a far parte del documento di valutazione dei rischi, così come le misure di prevenzione e protezione sono quelle che possono essere richieste per lo standard di rischio tipico di quell’attività. No, non faccio installare una cabina a doppia porta con interblocco al fruttivendolo del quartiere di periferia.

L’attacco alieno è un rischio lavorativo solo se lavorate per la Weyland-Yutani Corporation, così come non faccio installare dispenser di amuchina gel nelle mie aziende per prevenire le epidemie zombie. Piuttosto compratevi un fucile a pompa e buona caccia. Ricordate che dovete sempre sparare alla testa.

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Terremoti, tsunami, slavine, frane… In questo caso il ragionamento non riguarda se il lavoro aumenti o meno la probabilità del manifestarsi del rischio quanto, piuttosto, se rischia di aggravarne le conseguenze.

Prendo il terremoto ad esempio. La “valutazione” (il senso delle virgolette arriva dopo) del datore di lavoro consiste nell’accertarsi che la struttura sia conforme alle norme tecniche per le costruzioni e così la roba che c’è dentro: scaffalature, soppalchi, impianti.

Ma non c’è alcuna valutazione da fare. Ci sono dei requisiti di legge predefiniti e devono essere rispettati. Punto. Fine. Così come devono essere rispettati i prerequisiti che permettono di sapere come e dove è possibile erigere un hotel in montagna o sulle pendici di un vulcano o sul fianco di una collina o lungo gli argini di un fiume.

Le misure di prevenzione da attuare in questi casi sono proprio i prerequisiti di legge, dato che:

  1. di per sé il verificarsi di questi eventi non è legato alla natura lavorativa;
  2. il datore di lavoro non ha alcuna possibilità di incidere sulla probabilità del loro manifestarsi;
  3. trattandosi di eventi catastrofici, senza un riferimento normativo che ci dica se fare qualcosa e cosa fare, l’accettabilità del rischio sarebbe impossibile da determinarsi.

Quindi, no: ‘sta roba qui non entra a far parte della valutazione dei rischi. Soprattutto delle valutazioni fatte col senno di poi su ciò che sarebbe stato sufficiente fare in più per fermare quella valanga o per impedire a quel muro di oscillare e cadere.

Piuttosto, questa è tutta ciccia che deve essere ricompresa nel piano di emergenza. Questo sì. Ma nel documento di valutazione dei rischi, no.

14 pensieri riguardo “Quando valutare i rischi esogeni?

  1. Come non essere d’accordo. Il problema è che c’è gente in giro che deve vendere libri, seminari, conferenze, ecc. e che da un po’ di tempo, non essendoci più rigurgiti legislativi in merito alla sicurezza sul lavoro, spaccia come rischi professionali quelli che rischi professionali non sono al fine di incrementare le proprie entrate professionali ed aziendali.

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  2. Andrea, sai qual è (SENZA apostrofo…) una delle cose di te che amo di più?
    la tua estrema essenzialità, senza fronzoli ma chiaramente ed integralmente esplicativa.

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  3. Sto pensando a tutti i datori di lavoro che si trovano sulla direttrice dei decolli/atterraggi dell’aeroporto di Linate. chissà se hanno valutato il rischio di atterraggio inaspettato di un airbus A319 nel piazzale della loro fabbrichetta?

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  4. Il massimo dell’entropia, superiore persino a quella dei gas, l’ho trovata in un dvr di una grossissima azienda che pretendeva (come poi ha fatto) di valutare i rischi da terremoti, presenza di persona “folle” (si, proprio “folle”) e “nube gassosa proveniente da attività limitrofe”, tramite il PxD. Con tanto di numerilli. Con tanto di prodotti. Vdr, non PEE.

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    1. Cioè, tu valutatore che assegni un numerillo a P, sul rischio sismico, sei automaticamente vincitore del nobel in scienza tellurica! E sappi che hai risolto tutti i problemi dell’imprevedibilità di un terremoto!
      Cmq no caro Carmelo, purtroppo il rischio meteorite non c’era…

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  5. È una buona lettura. La netta distinzione nel distinguere cosa cercare di valutare nel DVR e cosa invece non far rientrare in quanto rientrante in adempimento preventivi è assolutamente utile cercare di divulgarlo.

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  6. È una buona lettura.
    Condivisibile senza riserva alcuna.
    Il problema nel nostro paese è il rispetto delle norme in fase di progetto e/o di gestione e/o di esercizio ecc. Tutto è gestibile nel rispetto delle norme e delle buone prassi. Forse gli uomini giusti al posto andrebbero meglio selezionati. Forse qualcuno dovrebbe comprendere che tutto è in mano agli uomini e purtroppo non tutti gli uomini sono uguali in ogni dove … È solo il mio punto di vista.

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