Pubblicato in: sorveglianza sanitaria, valutazione dei rischi

Tempi bui… Quando è obbligatoria la sorveglianza sanitaria?

stupore-paura-bimboSono tempi bui quelli nei quali le circolari interpretative della norma non c’hanno capito nulla della norma da interpretare.
È il caso della recente Lettera Circolare del 12 ottobre 2017, n. 3 dell’Ispettorato Nazionale del lavoro la quale, nel fornire indicazioni operative sulle sanzioni da applicare in caso di omessa sorveglianza sanitaria, esordisce così:

«Come è noto, nell’ambito della normativa in materia di salute e sicurezza la sorveglianza sanitaria dei lavoratori, così come declinata dall’art. 41 del d.lgs. n. 81/2008, diviene un obbligo nel momento in cui la valutazione dei rischi evidenzi la necessità di sottoporre il lavoratore a sorveglianza sanitaria».

No. Ma proprio no.
La sorveglianza sanitaria non è obbligatoria quando lo dice la valutazione dei rischi, ma quando lo dice la legge, che lo dice all’art. 41 e la impone:

  • nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all’articolo 6;
  • qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.

Leggete da qualche parte «nel momento in cui la valutazione dei rischi evidenzi la necessità di sottoporre il lavoratore a sorveglianza sanitaria»?
Non puoi fare come ti pare. La sorveglianza sanitaria è una misura ON/OFF. O la devi fare o non la puoi fare.

L’obbligo imposto dalla norma precede l’esito della valutazione dei rischi, tanto che:

  • se hai sbagliato la valutazione, non per questo l’obbligo viene meno;
  • se secondo la valutazione dei rischi hai ritenuto di dover sottoporre a sorveglianza sanitaria i lavoratori, ma non ricadi nei casi in cui la norma la imponga… Beh, non lo puoi fare.

Ed è pieno di casi in cui la norma non la impone, tipo (per citare casi in cui ho visto effettuare la sorveglianza sanitaria):

  • lavori in quota (citati all’interno della Circolare come casi in cui la sorveglianza sanitaria sarebbe obbligatoria agli esiti della valutazione);
  • stress lavoro-correlato;
  • rischio “posturale”.

In questi ed in tutti gli altri casi in cui la norma non preveda la sorveglianza sanitaria, essa è da intendersi vietata in virtù dell’art. 5 della L. n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori).

9 pensieri riguardo “Tempi bui… Quando è obbligatoria la sorveglianza sanitaria?

  1. Quindi quando chiedo perchè viene sottoposto a sorveglianza sanitaria l’opratore in quota e mi viene risposto:
    “L’attuazione della sorveglianza sanitaria mirata per i lavoratori che svolgono operazioni in altezza trova piena giustificazione se si considera che il lavoro in quota, indipendentemente dal contesto in cui viene eseguito, ha tali peculiarità di rischio, nonché gravità di danni potenzialmente derivanti che essa può, a ben diritto, essere ritenuta misura di tutela della sicurezza dei lavoratori, rientrando, dunque, tra gli obblighi del datore di lavoro, che, secondo l’art.18, comma c) del D.Lgs.81/08, “nell’affidare i compiti ai lavoratori deve tener conto delle loro capacità e condizioni in rapporto alla loro salute e sicurezza”; e dove la norma si fa carente, prevale la dottrina : “La sorveglianza sanitaria per un rischio non normato è legittima e giustificata purchè il rischio stesso sia inserito e valutato nel documento di valutazione del rischio. Il protocollo sanitario deve essere coerente con l’entità del rischio stesso”. Michele Di Lecce, già Procuratore Generale della Repubblica in Genova.
    A quanto pare Tertium non datur.
    Saluti

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    1. Conosco questa risposta 🙂
      Il medico competente che l’ha scritta può pensarla come crede, ma tutta la prima parte è ampiamente discutibile. Come lui stesso afferma in qualche riga precedente, quello dei lavori in quota è un rischio infortunistico, non per la salute.
      Con questo ragionamento dovrebbero essere sottoposti a sorveglianza sanitaria tutti i lavoratori che usano un’automobile (rischio infortunistico che statisticamente genera molti più morti sul lavoro dei lavori in quota) e non mi risulta ciò accada se questa è la loro unica esposizione a rischio.
      Più interessante la seconda parte nella quale viene citato il procuratore generale di Genova, non fosse altro perché laddove si afferma che «dove la norma si fa carente, prevale la dottrina», ci si dimentica di aggiungere l’aggettivo “maggioritaria”. E non mi risulta che la pur rispettabile opinione del Procuratore rappresenti dottrina maggioritaria.
      In verità abbiamo altre fonti molto più chiare che riguardano il divieto di sottoporre a sorveglianza sanitaria i lavoratori nei casi in cui essa non sia prevista.
      Una l’ho citata nel post ed è l’art. 5 dello statuto dei lavoratori: «Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente»
      L’altra è la seconda parte dell’art. 32 della Costituzione: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge».

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      1. Buonasera Rotella,
        In realtà che la valutazione dei rischi sia l’incipit da cui derivano le misure di prevenzione tra cui rientra l’azione del medico competente attraverso la sorveglianza sanitaria, deriva da una lettura combinata dell’art. 25 co. 1 lett. A “in cui si afferma che il MC collabora col dat lav e con il SPP alla valutazione dei rischi anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria….” ma soprattutto dall’art. 29 co. 1 del d. Lgs. 81 in cui si stabilisce che il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il dvr in collaborazione con l’Rspp e il MC NEI CASI DI CUI ALL’ART.41. ” e i casi di sorveglianza sanitaria, poiché si cita l’intero articolo 41 che si compone di ben 9 commi, certo non si riducono solo a quelli elencati nel primo comma ma si estendono almeno alle ipotesi di cui al 2° comma dello stesso articolo che individua i margini di manovra della suddetta sorveglianza.
        La sua lettura é corretta quando dice che i casi di sorveglianza sanitaria sono individuati dalla legge invece é parziale e fuorviante quando afferma che “se hai sbagliato la valutazione non per questo l’obbligo di sorveglianza viene meno”. Per fare un esempio, in materia di MMC l’art. 168 co. 1 lett.d afferma che il dat lav sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all’art.41 sulla base della valutazione dei rischi e dei fattori di cui all’All. XXXIII quindi é esattamente il contrario di quello che sta affermando.
        Anche nei casi in cui la sorveglianza é prevista dalla legge non significa che in automatico é dovuta ma resta sempre subordinata alla valutazione dei rischi.
        Lo stesso dicasi per il rischio rumore. Diviene obbligatoria la sorveglianza sanitaria ai sensi dell’art. 196 co. 1 quando l’esposizione eccede i VSA (>85 dB fino a 87 dB) e ció emerge da apposita valutazione dei rischi. Tra l’altro c’é l’interpello n. 5/2014 della commissione degli interpelli in cui si è chiarito proprio cosa si intenda per collaborazione del MC alla valutazione dei rischi e lì è sottolineato il suo ruolo attivo nella valutazione in quanto la sua azione é volta ad individuare correttamente il livello di rischio da cui far scaturire la sorveglianza e non giá ridurre la sua presenza a quella di mero esecutore di un obbligo di sorveglianza tout court previsto dalla legge. Altrimenti la peculiaritá della sua funzione verrebbe meno tanto é giá tutto previsto dal legislatore..invece sono tanti i casi in cui ad es. il MC puó affermare una periodicità diversa da quella annuale e certamente tale diversa periodicità nasce anch’essa solo a seguito di una valutazione dei rischi condivisa col dat. di lavoro.
        Anche nei casi in cui la valutazione dei rischi dovesse essere sbagliata occorre comunque una nuova e diversa valutazione per affermare che l’obbligo della sorveglianza sussiste..non é sufficiente la legge altrimenti torniamo indietro agli anni 50 e la centralità della valutazione va a farsi benedire.

        Francesco Gallo
        Ispettore del lavoro – RSPP Ispettorato di Mantova

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      2. La ringrazio innanzitutto per l’intervento, è sempre un piacere scambiarsi pareri.
        Provo a dare una risposta alle sue osservazioni e mi scuso sin d’ora per l’uso dei punti elenco che so non essere il massimo dell’eleganza ma, da ingegnere, trovo essere particolarmente pratici 🙂

        1. nessuno discute il fatto che la valutazione dei rischi sia il punto di partenza per la definizione delle misure di prevenzione, ma la possibilità di ricorrere a determinate misure di prevenzione è, a monte, definita dalla legge. Per esempio, non posso effettuare controlli sanitari rivolti a verificare lo stato di gravidanza di una lavoratrice, nemmeno se fosse necessario a salvare la vita a lei o al nascituro.

        2. non mi ritrovo nell’interpretazione che lei fornisce dell’art. 25, comma 1, lett. a) e soprattutto dell’art. 29, comma 1.
        Mi limito a discutere di quest’ultimo… Quando il legislatore ha ritenuto di dover specificare che la valutazione dei rischi si deve svolgere in collaborazione con il MC nei casi di cui all’art. 41, intendeva voler dire che tale collaborazione è dovuta nei soli casi in cui la nomina del medico competente è obbligatoria. Se in azienda non vi fosse alcuna mansione soggetta a sorveglianza sanitaria, non vi sarebbe necessità di nomina del medico competente e di conseguenza viene meno il dovere di collaborazione con questa figura.
        N.B. La norma su questo aspetto è scritta MOOOOLTO male.

        3. Credo che sia stata fraintesa la frase “se hai sbagliato la valutazione non per questo l’obbligo di sorveglianza viene meno”. Colpa mia, avrei dovuto essere più chiaro. Intendevo semplicemente dire che se sulla base della valutazione dei rischi, a causa di un errore, emergesse la non necessità di sottoporre a sorveglianza sanitaria un lavoratore, questo non fa venire meno la responsabilità del datore di lavoro avendo questi l’obbligo giuridico di tutelare il lavoratore.

        4. Credo di dover meglio ribadire il senso dell’intero post: nessuno qui discute il fatto che la valutazione dei rischi sia determinante per decidere se sottoporre o meno i lavoratori a sorveglianza sanitaria e nemmeno nessuno qui discute il ruolo del medico competente in ordine alla sua collaborazione alla valutazione dei rischi.
        La questione, molto semplicemente è (la dico da ingegnere): l’insieme dei casi nei quali la valutazione dei rischi può determinare la necessità di sottoporre a sorveglianza sanitaria i lavoratori è un sottoinseieme interamente contenuto nell’insieme dei casi per i quali la norma prevede la possibilità di sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria.
        Dire che la sorveglianza sanitaria «diviene un obbligo nel momento in cui la valutazione dei rischi evidenzi la necessità di sottoporre il lavoratore a sorveglianza sanitaria» (che è quello che è scritto nella circolare), significa, per esempio, ammettere la possibilità di sottoporre a sorveglianza sanitaria un lavoratore esposto esclusivamente a rischio di scivolamento solo perché lo dice la valutazione dei rischi. No, la legge non considera il rischio di scivolamento come un rischio per il quale si possa sottoporre a sorveglianza sanitaria i lavoratori.
        Considerare la valutazione dei rischi come l’elemento che determina l’obbligo della sorveglianza sanitaria è un’aberrazione non voluta dal legislatore. La valutazione del rischio è lo strumento mediante il quale il datore di lavoro determina se, nei casi in cui è prevista la sorveglianza sanitaria, essa debba essere o meno attuata. Ma solo nei casi in cui essa è prevista. Non, a prescindere, quando lo dice la valutazione dei rischi, cioè il datore di lavoro
        E pertanto ribadisco che l’esempio riportato nella circolare stessa di considerare i lavori in quota come soggetti a sorveglianza sanitaria come un errore. La norma non prevede sorveglianza sanitaria per i lavori in quota. Controlli alcolimetrici sì, ma sono un’altra cosa.
        Saluti

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  2. Andrea Rotella condivido toto il tuo punto di vista e aggiungo che estendere la sorveglianza sanitaria per alcol e sostanze psicotrope non c’entra nulla con l’obiettivo della sorveglianza sanitaria.

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  3. Buongiorno,
    ho letto con piacere la descrizione in maniera chiara e comprensibile degli aspetti inerenti la sorveglianza sanitaria; descrizione che mi è molto utile quando illustro questo argomento durante i corsi di formazione. Ho solo una riflessione da fare riguardo ad un passaggio che mi sfugge:
    se la sorveglianza sanitaria deve essere fatta (perché ce lo impone la legge) oppure non può essere fatta (perché ce lo vieta l’art. 5 della 300/70) qual è lo scopo di inserire il controllo sanitario dei lavoratori tra le misure generali di tutela di cui all’art. 15?
    La sorveglianza o è obbligatoria farla oppure non è possibile sottoporci alcun lavoratore (se non richiesto da lui), quindi come mai è richiamata tra le misure generali di tutela?

    Ringrazio chiunque volesse chiarirmi questo passaggio.
    Saluti

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    1. Buongiorno,
      onestamente non vedo incoerenza nella norma.
      Le misure generali di tutela di cui all’art. 15 costituiscono una sorta di elenco dei principali strumenti previsti per tutelare i lavoratori.
      Ma non per questo l’adozione di ciascuno di quelle misure è necessaria o obbligatoria in ogni caso.
      Saluti

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