Pubblicato in: cultura della sicurezza, miti della sicurezza, valutazione dei rischi

Soluzioni che non lo erano

PaloQuello che vedete raffigurato in foto è un palo da barbiere.
Ora, stranamente, non tutti conoscono la storia del palo da barbiere, a dimostrazione delle gravi carenze del nostro sistema scolastico.
Ci penso io a colmare la lacuna e, al termine della lettura di questo articolo, mi ringrazierete: è una gran storia e vi cambierà la vita o, quantomeno, vi fornirà qualche argomento di conversazione durante le cene più noiose e imbarazzanti.

Tutto ha inizio nel 1139 che, come ricorderete, è l’anno del II Concilio Lateranense. Il Papa Innocenzo II, in quell’occasione, vietò al clero di praticare la medicina, oltre a stabilire tante altre cose (per esempio si chiarisce una volta per tutte che archi e balestre non possono essere usati contro i cristiani. Niente in contrario se devi ammazzarne uno, ma fallo da vicino…).

Ora, all’epoca, la medicina era praticata dai religiosi (i monasteri erano gli ospedali del tempo), i medici che uscivano dalle università e i cerusici. Questi ultimi, altri non erano che barbieri e macellai, gente che aveva dimestichezza con lame, ossa e sangue ed eseguiva le operazioni chirurgiche vere e proprie (amputazioni, estrazioni dentarie, incisione di ascessi e cisti, tutte cose considerate indegne per i medici “studiati” che, al contrario, scrutavano, annusavano e assaggiavano le feci e le urine, essendo queste operazioni che richiedevano un’alta qualifica… Eh, quando uno studia poi c’ha le sue soddisfazioni).

Poiché i salassi erano praticati dal personale religioso, quando questi non poterono più esercitare l’arte medica, il vuoto di mercato venne colmato dai barbieri.
Spesso le persone quando pensano al salasso, pensano a sanguisughe applicate sul corpo del paziente (che di pazienza all’epoca doveva averne davvero tanta). Ma questa fu una pratica che, se come me aveste studiato la storia del salasso, si diffuse solo nel 1800.
Prima di allora e dai tempi di Galeno di Pergamo (II secolo d.C., il primo ad avere la straordinaria intuizione che le malattie fossero dovuti ad uno squilibrio degli umori contenuti nel corpo), invece, i salassi venivano praticati con delle lame (dette lancette) con le quali venivano incise le vene, estraendo il sangue.
La teoria era: più stai male, più sangue ti devo prelevare. Generalmente, lo svenimento del paziente fungeva da timer.

Ai barbieri non parve vero e, non solo iniziarono a salassare a più non posso, ma la fecero diventare la loro pratica più diffusa. Il sangue veniva raccolto in vasi di vetro poi esposti fuori della bottega, un richiamo irresistibile per chi stava male, una sorta di insegna pubblicitaria: «QUI SI SALASSA».

Senonchè, nel 1307, a Londra fu varata una legge che vietava questa antiestetica usanza di esporre il sangue altrui sul marciapiede e si dispose che i reflui dei salassi venissero di volta in volta riversati nel Tamigi (eh, lo so…).

A quel punto i barbieri rimasero senza insegna e si inventarono il palo che, da quel momento, fece mostra di sé fuori dalle loro botteghe… il palo simboleggia l’asta che il paziente doveva stringere durante il salasso, la sfera sulla sommità ricorda il vaso nel quale si raccoglie il sangue, le strisce bianche rappresentano le garze che venivano usate per tamponare e quelle rosse… che ve lo dico a fare?
Negli Stati Uniti (dopo che furono scoperti da Colombo, anche loro fecero per prima cosa un palo da barbiere), venne aggiunta la striscia blu.

Questa splendida storia, grazie alla quale ho fatto cadere ai miei piedi stuoli di donne, ha anche dei rivolti interessanti e collaterali per chi si occupa di sicurezza.

Oggi il salasso non è più eseguito (se non dall’Agenzia delle Entrate e nel trattamento di alcune malattie come l’emocromatosi e la policitemia) ma, fino alla seconda metà del 1800, fu considerata una pratica efficace e consigliata dai medici, altamente diffusa.
Il problema è che essa, non solo è inefficace ma anche particolarmente pericolosa se effettuata su un organismo già di per sé indebolito da una malattia, senza considerare i rischi di setticemia derivanti dalla scarse condizioni igieniche con le quali si operava ai tempi.
George Washington, per dire, morì per gli effetti collaterali di un salasso. Era il 1799.

In sostanza col salasso, per circa 17 secoli, i medici si sono adoperati con il massimo impegno nel far fuori i loro pazienti.
E mica solo col salasso… La banale pratica di lavarsi le mani prima di metterle addosso ad una partoriente, fu “scoperta” nella seconda metà del 1800 da un ostetrico, Semmelweis, il quale, anziché essere acclamato come una delle persone che avrebbe contribuito a salvare più persone nella storia dell’umanità,  venne ridicolizzato dai colleghi che, addirittura facevano gli offesi quando lui sosteneva che essi fossero, in pratica, degli “untori”. L’ostetrico Charles Meigs, suo contemporaneo, dichiarò: «Le mani di un gentiluomo sono pulite». Evidentemente i batteri erano roba da poveri. Nel frattempo oltre il 10% delle partorienti moriva di febbre puerperale. Ironia della sorte, Semmelweis morì di setticemia a seguito di un intervento chirurgico.
Per dirne altri, il mercurio e l’arsenico erano impiegati a scopo terapeutico e profilattico. Esattamente quello che ti viene in mente di prendere quando hai mal di testa…

Ai tempi, andare dal medico era una delle principali cause di morte.

Ciò che ci deve interrogare, al di là delle singole cause, sono i meccanismi che impedivano ai dottori dell’epoca di rendersi conto di quanto la loro azione fosse iatrogena (parola complicata che significa semplicemente che la cura è peggiore del male).

La risposta è racchiusa essenzialmente in due fattori tra loro indipendenti ma ad azione combinata:

  1. mancanza di evidente correlazione tra la morte del paziente e la propria azione. Tra il non lavarsi le mani, somministrare mercurio, praticare il salasso e la conseguente morte del paziente potevano passare ore, giorni. E nel frattempo succedevano cose e, ognuna di esse, poteva essere utilizzata come spiegazione alternativa dell’evento, piuttosto che ammettere la propria responsabilità. Del resto, molti guarivano, nonostante “la cura”, ed in questi casi era possibile affermare che fosse stata proprio la terapia a salvarli, mentre se morivano… Beh, evidentemente non c’era niente da fare per loro, erano già spacciati;
  2. l’assunto di partenza: la terapia è corretta perché tutti fanno così e da tempo immemore si fa così. L’efficacia del metodo era basata sulla sua credibilità, costruita su aneddoti, false credenze, presunta autorevolezza del suo inventore. Questo modo di ragionare, nel campo della medicina e della scienza in genere, è stato rivoluzionato dall’introduzione del metodo scientifico.

Nel settore in cui opero, quello della sicurezza sul lavoro, temo che, in modi diversi, assistiamo in molti casi all’azione di questi meccanismi.
C’è un assunto di partenza, ovvero che tutti i rischi siano «prevedibili» e, di conseguenza, «prevenibili». Se ti impegni nella valutazione dei rischi il futuro ti verrà rivelato, qualunque dinamica incidentale può essere prevista. Se l’incidente accade è perché non ti sei impegnato a sufficienza… Come hai potuto non pensarci? Eppure ti era stato esplicitamente chiesto di valutare «TUTTI i rischi». Evidentemente hai valutato «TUTTI-1 i rischi».
Siccome col senno di poi, in effetti, il futuro appare un po’ meno oscuro, sarà sempre possibile affermare a valle di un incidente l’assenza del suddetto impegno.
Ma quando l’incidente non è accaduto, il primo fattore è in agguato: non c’è nessuna evidente correlazione tra la mancanza di incidenti e la correttezza della valutazione dei rischi… Per certi versi, per i medici era più facile: avrebbero anche potuto intuire qualcosa correlando la loro azione con la morte del paziente. Ma in assenza di incidenti, come è possibile intuire qualcosa da un non evento?

E quando la causa non è attribuita ad una carente valutazione dei rischi, l’assunto diventa la mancata vigilanza e/o l’insufficiente formazione e/o il comportamento scorretto del lavoratore e/o… Sarà sempre possibile trovare una causa a monte dell’incidente che giustifichi la bontà degli assunti.

Ciò che temo è che l’attuale sistema di regole per la tutela dei lavoratori sia basato su assunti ampiamente carenti.
Non dico sbagliati, questo no.
Ma di scarsa efficacia, abbondantemente sì.
Non venitemi a dire che gli infortuni sul lavoro sono diminuiti, perchè in assenza di un esame a doppio cieco, affermare che questo dato è correlato alla bontà degli assunti è come affermare che l’omeopatia funziona basandosi sul numero di persone che guarisce assumendo farmaci omeopatici.
Una possibile spiegazione alternativa è semplicemente che utilizziamo tecnologie più sicure che in passato ed è aumentato complessivamente l'”impegno”, la consapevolezza. Ma questo ha poco a che vedere con la reale efficacia della valutazione dei rischi come arma «fine di mondo» che è il paradigma attuale (es. vedi art. 15 del D.Lgs. n. 81/2008)

Ciò che temo è che questi assunti non vogliono essere messi in discussione e, di conseguenza, si cercano e si trovano sempre spiegazioni degli incidenti coerenti con la mancata adozione di questa o quell’altra misura, con questo impedendosi di andare oltre, di guardare più avanti, di cercare terapie alternative più efficaci.

Se a qualcuno interessasse, in questo libro ho approfondito l’argomento.


V.I.P.S. (Very Important Post Scriptum)
Se hai letto questo articolo, vuol dire che sei sopravvissuto a tutte le cure a cui ti sei sottoposto. Fino ad oggi, ma non sfidare la sorte.
Questo blog induce mitridatismo: ti rende immune somministrandoti piccole dosi, non letali, di veleno. L’importante è rispettare la posologia. Se salti una dose, ricominci daccapo.
Quindi ti conviene organizzarti. Come?
Guarda in alto a destra su questa pagina. Quella foto che vedi sono io, curatore, guaritore e cerusico di questo blog.
Non puoi guarire semplicemente guardando la mia foto. Anzi, le elevate dosi di fascino che essa emana rischiano di generarti un attacco di sindrome di Stendhal.
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